D.O.S.E.

D.O.S.E.® Intervista a Walter Allievi

D.O.S.E. Intervista: 4 Domande x 4 Neurotrasmettitori del Benessere


Chi è “la persona D.O.S.E.”? Quali sono i suoi valori e qual è la D.O.S.E. di energia che porta nella propria vita e in quella degli altri? Ogni mese scopriremo insieme come riconoscerla e riconoscersi, ascoltarla e ascoltarsi.
Il Metodo D.O.S.E.® promuove l’importanza delle competenze relazionali e comunicative nel miglioramento della relazione di cura. In occasione della pubblicazione del libro “Essere paziente” abbiamo intervistato l’autore: Walter Allievi.
Formatore e facilitatore del cambiamento, Walter supporta aziende e imprenditori nello sviluppo e nella realizzazione di attività formative di valore. Nel suo libro è riportata la sua esperienza di sopravvissuto ad un drammatico incidente stradale e il lungo percorso di guarigione che ha intrapreso. Il libro è intriso di esperienze vissute in prima persona ma anche di preziosi consigli rivolti a pazienti e medici, come auspicio per una relazione terapeutica che abbia nell’umanità, empatia e autenticità le sue più potenti radici.

*DopaminDomanda*: La Dopamina è strettamente legata alla motivazione. Nel tuo libro hai scritto: “È possibile che abbiate dei cali di motivazione di tanto in tanto: è umano. Ricordatevi in questi casi di tenere gli occhi sulla meta.” Come riscoprire la propria motivazione quando manca?

Il mio è stato un percorso di riabilitazione durato molti anni e la motivazione ha avuto un ruolo fondamentale per andare avanti.
Per riscoprire la propria motivazione bisognerebbe chiedersi per chi lo facciamo e perché.
Nel mio caso il fatto d’essere stato l’unico sopravvissuto, l’unico rimasto di un gruppo di persone, mi ha fatto sentire in debito. Il mio “per chi lo faccio” era diventato quasi un dovere morale; dovevo farlo per la mia famiglia, ma soprattutto per chi non c’era più. Il sostegno di mia madre, mia moglie e la presenza di mio figlio hanno contribuito ad aumentare la mia motivazione.
Il mio “perché” era mosso da tutto ciò che volevo tornare a fare. In primis volevo tornare a fare surf, la mia più grande passione, proprio quello che facevo con i miei amici la mattina prima dell’incidente. L’occhio sulla meta, sul cosa vuoi tornare a fare, costituisce già una grande spinta. Sapere che c’è un motivo, una ragione per cui vai avanti è fondamentale per raggiungere l’obiettivo.

*OssitocinDomanda*: L’Ossitocina è l’ormone della relazione. Nel libro citi molte persone che hanno avuto un ruolo determinante durante la tua esperienza di paziente. Quali persone sono state le tue colonne portanti e perché?

Sono state tante. Prima di tutto mia moglie. Quando ero bloccato a letto avevo sempre accanto lei e una ristretta cerchia di amici che poi si è ampliata nel tempo.
Ho avuto la fortuna di trovare uno staff medico molto competente e umano. Nel libro cito il Prof. Paolo Cherubino che, come Ambrogio Scognamiglio, ha scritto una delle prefazioni del libro ed ha rappresentato nel mio percorso di cura la perfetta combinazione tra alta competenza professionale e grandissima umanità.

*SerotoninDomanda*: La Serotonina è legata al concetto di autoironia di cui il tuo libro è permeato. Come ha influito sul tuo percorso di guarigione?

L’autoironia è una cosa che riporto anche nel lavoro. Quando insegno alle persone come parlare in pubblico gli dico sempre che il primo passo è imparare a ridere di se stessi. Se ci prendiamo troppo sul serio è dura andare avanti. Il riso scatena energie terapeutiche. Amo i personaggi come Paolo Villaggio che riuscivano a fare del tragico qualcosa per cui sorridere. Non è sempre facile, ma è proprio l’autoironia che permette di ristrutturare anche ricordi più drammatici. Quando si sceglie la “lente dell’ironia” per guardarsi indietro, si soffre meno.
In un libro zen che ho letto da ragazzo era scritto: “Il grande combattente è quello che nel mezzo di una battaglia riesce a cogliere la bellezza di un fiore”.
Alcune persone continuano a guardare i ricordi dolorosi sempre da un’unica angolazione, quella della sofferenza, ma ci sono delle angolazioni alternative.
Pensiamo ad esempio al film “Lo squalo”. Quando lo fissiamo così, dritto davanti, ci fa paura. Se invece immaginiamo di trovarci di fianco a questo grosso pupazzo con grandi denti di gomma la nostra percezione cambia. Quando si sceglie l’ironia, persino i ricordi più dolorosi possono essere ristrutturati.

*EndorfinDomanda*: Le Endorfine sono gli ormoni “zero dolore”. Hai scritto: “Per quello che ho imparato, un dolore si fa più forte quando non lo conosciamo”. Cosa ti hanno insegnato la paura e il dolore?

Che se le metti insieme è peggio. Se hai la consapevolezza del tipo di dolore che proverai, riesci ad affrontarlo molto meglio. Se non sai cosa aspettarti, invece, il dolore fa più male. Per questo motivo è fondamentale che il medico sia chiaro, che non minimizzi né utilizzi termini inaccessibili al paziente.
La verità e la chiarezza aiutano ad affrontare il dolore abbassando i livelli di paura e consentendo la creazione di autentiche alleanze medico-paziente.

 

Intervista a cura di Silvia Iovine
Giornalista – Responsabile Ufficio Stampa D.O.S.E.®

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